Pietro Nicolaucich

Tutti hanno un talento, guai a ignorarlo

Parola di PIETRO NICOLAUCICH,
illustratore e scrittore
di Cristina Manfredi


Di sé Pietro Nicolaucich dice di aver disegnato da sempre, perciò se gli chiedi cosa lo abbia spinto a diventare un illustratore, ti risponde che era talmente ovvio, lui fa quello che sa fare. Arriva dal Friuli ma è a Milano che porta avanti la sua carriera a metà tra collaborazioni con big names come BMW, Nike, Google, Moschino, Bompiani e progetti personali. E oltre ai racconti disegnati, è anche scrittore, di quelli che in un quarto d’ora ti buttano giù una storia avvincente.

Lei è il classico esempio di talento innato, ma che cos’è il talento?

«Prima di tutto va separato dal concetto di genio, perché spesso le due cose sono indebitamente confuse. Genio e talento sono due entità differenti e divise che raramente coincidono nella stessa persona. Uso la parola entità perché questo è il genio, o almeno così veniva considerato nell’antichità: una creatura che vive dentro di noi (ma che non siamo noi) e che è responsabile delle nostre intuizioni più sublimi. Il talento invece è ben altra cosa: è una peculiarità, una propensione. Probabilmente tutti siamo dotati di qualche talento, solo che si tratta di un qualcosa non sempre individuabile».


In che senso?


«Da bambini leggiamo, studiamo, scriviamo, disegniamo, facciamo sport, quindi se siamo dotati di un talento correlato a una certa attività, è facile che quella dote emerga, e sta poi agli educatori stimolarla e farla fiorire. Va da sé che, se una cosa ci appassiona, siamo portati ad approfondirla e questo affina il nostro talento in un circolo virtuoso. Tuttavia sono convinto che ci siano decine di talenti che possediamo senza esserne a conoscenza e che non scopriremo mai di avere. E qui entriamo in altro ambito ancora».


E cioè di quanti finiscono per trascurare un proprio talento?


«Cosa sarebbe successo se il padre di Mozart non fosse stato Kapelmeister, compositore e insegnante di musica? Probabilmente il mondo sarebbe stato privato del più grande genio musicale della storia. Ed ecco il nocciolo della questione: se il Padre di Mozart non fosse stato quello che era, Mozart sarebbe comunque stato un genio, ma, non avendo avuto accesso al suo talento nascosto, probabilmente sarebbe diventato il cosiddetto genio incompreso. Ecco allora che diventa importante scovare il proprio talento, perché dà luce a una leggenda, mentre un genio che non riesce ad avere accesso al suo talento nascosto, probabilmente rimane solo una persona molto confusa, che farà fatica a trovare il proprio posto nel mondo. In questi casi, il talento è un catalizzatore: serve a concentrare e dare libero sfogo creativo al genio che ha deciso di abitare arbitrariamente un essere umano. Se invece un talento alberga in un uomo in cui il genio non risiede, allora si potrà dire di lui che è un magnifico esecutore. Un uomo di talento privo di genio può comunque toccare vette altissime, perché la grandezza non è appannaggio dei soli geni, per fortuna».


C’è un consiglio che si sentirebbe di dare a chi magari sente di avere un dono, ma teme di non riuscire ad esprimerlo appieno?


«Ci vogliono innanzitutto tempo, dedizione e pazienza. Bisogna dedicare ogni minuto libero a migliorarsi, ad affinare il proprio talento senza scuse. I risultati, come in ogni cosa, non sono immediati, ma, quando arrivano, gratificano più di qualsiasi altra cosa. Nessuno potrà mai toglierci i nostri talenti, quindi guai a non coltivarli. Ignorare un talento crea entropia nell’universo, è uno spreco di ordine cosmico oltre che un insulto a chi non ne possiede neanche uno. O meglio, a chi non ha ancora scoperto di possederne uno».